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giovedì 20 febbraio 2014

Una commedia acida - la recensione dei Tre coinquilini


Diciamolo subito: non aspettatevi un simil-Breaking bad concentrato, compresso, spalmato in un'ora e mezza. Ma diciamo subito pure un'altra cosa: Smetto quando voglio non voleva affatto essere un simil-Breaking bad di un'ora e mezza.

La serie di Vince Gilligan è palesemente ripresa, adattata, parodiata in molte situazioni, ma a cambiare (e non di poco) le carte in tavola è il genere di appartenenza.Breaking bad è una serie, una serie drammatica che sfrutta i meccanismi collaudati del thriller americano; Smetto quando voglio è invece un film, una commedia che vuol far ridere con la sua leggerezza.
Il giovane regista Sydney Sibilla riesce nell'intento: il film diverte, senza proporre le situazione claustrofobiche, difficili e da cardiopalma tipiche di Breaking bad (anche se nel finale ha più di qualche sorpresa... ma non spoileriamo nulla).







«Ma che c'hai in faccia?»
«Ehm, no... è un rimasuglio d'un cazzo.»






Sette ricercatori di fama internazionale, ormai cacciati dall'università, occupati in lavori malpagati e ovviamente in nero, sintetizzano una nuova droga e decidono di darsi allo spaccio.
L'occhio strizzato a Bryan Cranston e ai suoi è già molto evidente... ma se si pensa che sopra quell'occhio il protagonista Pietro Zinni (l'attore Edoardo Leo) si ritrova disegnato un cazzo con un pennarello indelebile, si capisce subito la distanza che corre tra lui e Walter White.










«Tu sei laureato!»
«Non so' laureato, io...»
«E io so' stato chiaro: non assumo laureati!»







Che la laurea sia "un errore di gioventù del quale sono profondamente consapevole" (la battuta è di Pietro Sermonti, nel film Andrea l'antropologo), lo stanno pensando in molti ultimamente.
Nel film i temi della crisi, della crisi dell'università, della giustizia extra-legale, della criminalità  non sono aggrediti e affrontati, ma sono estremizzati e caricaturali - cosa legittima per una commedia.
In un primo momento ci si potrebbe ingannare pensando che il regista voglia offrirci quel riso-amaro, che un po' fa ridere per i personaggi a schermo, un po' fa ridere di noi stessi, ma ci vuole poco per capire che l'unica vera priorità è la risata (ricordate il cazzo sulla fronte?): ridere, citare e magari fare le due cose contemporaneamente.
Molo lucidamente lo stesso regista, Sydney Sibilla dice: «Smetto quando voglio è una commedia acida, parodistica e ultra citazionista, in cui il dramma sociale viene ripreso solo ed esclusivamente come espediente comico.
Siamo partiti dalla realtà come si faceva nella commedia all'italiana, e ci siamo lasciati contaminare dal cinema americano contemporaneo, mettendo nel film tutto quello che ci piace. Quello che Tarantino fa con i film italiani noi abbiamo provato a farlo con i prodotti americani. Ne è venuta fuori una sorta di Soliti Ignoti al tempo di Ocean's Eleven, The Big Bang Theory e Breaking Bad

La direzione intrapresa è sicuramente quella che il pubblico italiano vuole ed attende da tempo. Il paragone con Tarantino è molto ottimistico, ma fa ben sperare.



Il risultato insomma ci è piaciuto, nonostante qualche personaggio un po' troppo statico e poco credibile. Perciò festeggiamo alla Lars von Trier gli incassi del film, così come ha fatto il cast di Smetto quando voglio.









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